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‘Oltre l’inverno’ è l’ultimo romanzo della scrittrice sudamericana Isabel Allende. Nata in Perù, ha vissuto l’infanzia in Cile. Dal 2003 è naturalizzata Americana.

Il libro esce dopo un periodo particolare per l’autrice che, per la prima volta in vita sua, si trova single. Dopo un matrimonio in gioventù gioventù (dal primo matrimonio nascono i suoi due figli, Paula, morta a 29 anni per una malattia e Nicolas), il secondo in età più matura, dura quasi trent’anni e termina nel 2015.

Piccolo accenno al matrimonio e all’amore, utile per capire la dedica di ‘Oltre l’inverno’: ‘A Roger Cukras, per l’amore inaspettato’. Sembra questa dedica in qualche modo ispirare la semplice trama del libro che tiene legate tre vite, tre identità, tre mondi.

Il romanzo è ambientato a Brooklyn, nei nostri giorni, dove si incrociano le storie di tre persone, così diverse, tutte con un tragico passato, da sembrare simili.

Che cos’hanno in comune la matura Lucía (con l’accento acuto che non ho sulla tastiera), il professore Richard e la giovane Evelyn? Apparentemente nulla. Sarà la sapiente scrittura a creare attorno ai personaggi tre mondi che si intrecciano grazie ad un thriller un po’ paradossale, quanto ironico.

 

Attraverso il romanzo, si affrontano molti temi tutti attuali, trattati con lo stile consueto dell’Allende: dall’immigrazione clandestina alla tratta umana del 21° secolo, dalla povertà all’annientamento, dalla violenza sulle donne al loro accettare condizioni di apparente sottomissione.

É però un libro che, pur non creando l’ansia del finale, tiene ‘attaccati’ alle pagine, quasi con voracità, per la voglia di vita che sprigiona, per la positività che si respira, nonostante la crudezza del racconto.
Come dice Lucia (che richiama in qualche cenno la Allende) “A metà dell’inverno, infine ho capito che dentro di me c’è un’invincibile estate”.

E’ difficile dire se sia il più bel romanzo dell’Allende, forse no. Probabilmente non si presterebbe ad un’interpretazione cinematografica perché difficilmente si riuscirebbe a creare la stessa empatia tra i protagonisti e a vivere le loro complicate vite, ma direi che è un libro da leggere (preferibilmente quando si ha un po’ di tempo a disposizione per non essere costretti ad interrompere troppo spesso la lettura). Dopo averlo riposto in libreria ci si sente meglio e, mi sento di dire, anche un po’ più ‘cittadini del mondo’, perché, come dice Lucia a pagina 269 “Conosceva… lo strano potere curativo che avevano le parole, la condivisione del dolore e la consapevolezza che tutti hanno la loro quota di sofferenza; le vite si assomigliano e i sentimenti sono identici”

 

Una curiosità: l’Allende ha iniziato a scrivere anche questo romanzo l’8 gennaio, giorno in cui, nel 1981,  ricevette la telefonata che annunciava la morte del suo amato nonno. E proprio quel giorno iniziò a scrivere il suo primo romanzo ‘La casa degli spiriti’. Da allora, forse per scaramanzia, inizia a scrivere i suoi libri l’8 gennaio!