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Ancora una volta sentiamo fiumi di parole, questa volta su Harvey Weinstein , che lo descrivono come un mostro, che ha abusato per anni delle attrici che a Hollywood cercavano di lavorare, di sicuro in un modo diverso.

E’ davvero surreale che, nel 2017, stiamo ancora parlando di lavoro in cambio di sesso, per di più negli USA. Fortunatamente questa volta si è innescato un meccanismo a catena di “solidarietà nella denuncia” , nell’isolamento del personaggio.  Penso però che sia solamente la punta di un iceberg talmente grande e talmente capillare, che richiede davvero un network di solidarietà femminile molto più ampio, internazionale.

Il sessismo sembra avere una nuova fioritura, non solo in Italia, dove anni di berlusconismo, ci hanno riportato all’età della pietra, ma in tutto il mondo. Ma  la novità è che sta crescendo anche un movimento delle donne, che non sono più disposte ad accettare in silenzio vessazioni costanti per ottenere quello che è un diritto acquisito, un lavoro, una vita dignitosa senza violenza.

Ognuna di noi, leggendo questa notizia, ha  avuto modo di pensare al proprio “mostro”, sì, perché ognuna di noi ne ha trovato almeno uno nella propria vita professionale e personale e spesso sono ancora impuniti, al loro posto di comando. Perché è proprio la sensazione di potere che permette a questi uomini di abusare di chi è in una posizione, a loro parere, di inferiorità.

La cosa che mi sconcerta sempre, ripensando alle mie esperienze, è la sicurezza, la tracotanza di questi uomini, che non si preoccupano minimamente delle conseguenze del loro comportamento . Si sentono protetti dalla corazza della loro posizione o dalla consapevolezza che “nessuna gli potrebbe resistere” vista la sua posizione. Una volta uscita “sana e salva” dalla situazione, mi ritrovavo con una rabbia repressa, incredula di poter essere così vulnerabile e in fondo così fragile.

L’insicurezza è sicuramente una caratteristica, che questi uomini annusano da lontano, e che in noi aumenta quando ci sentiamo in una particolare situazione di bisogno. Si crea così una chimica nefasta, che rischia di renderci vittime, nella convinzione che cedere sia l’unica strada per una soluzione al nostro problema. Invece c’è sempre un’altra strada, diversa, più sana .

Ora da mamma di giovane donna, questo scenario mi preoccupa, e non poco. Ho sempre cresciuto Vittoria, nella convinzione di poter essere una donna indipendente, di poter bastare a se stessa, senza scendere ad alcun tipo di compromessi. Ma ora lo scenario del lavoro per le giovani donne rischia di essere pieno di trappole, contro le quali devono essere preparate e da chi se non dalle mamme? Non è facile , ma indispensabile.

Forse , in questo campo , i bistrattati social potranno essere un aiuto? Può darsi, potranno diventare un cartello di denuncia rapido e trasversale, quasi una codifica pubblica della solidarietà femminile. Che ora deve assolutamente crescere e rinforzarsi, perché ne va della nostra vita.